Il riposo fa bene al lavoro

Riposare aiuta a lavorare meglio. È la scoperta dell’acqua calda, eppure datori di lavoro e lavoratori fanno a gara a chi riposa meno e male. Con il risultato catastrofico di essere perennemente insoddisfatti del proprio lavoro e della qualità della propria vita.

Il mancato buon riposo ha una ricaduta sulla vita sociale delle persone, sulla loro capacità di relazionarsi e di vivere serenamente in famiglia, oltre che sulla salute.

Quello che poi viene spesso sottovalutato è il beneficio che deriva dallo staccare la spina. Liberare la testa, smettere di pensare sempre agli stessi problemi, concedersi qualche ora di ozio o di svago, cambiare aria o anche solo dormire qualche ora in più: fa solo bene!

Quelli che non riposano

La colpa del cattivo riposo è in buona parte nostra. Penso all’abitudine bruttissima di restare sempre connessi, anche di notte, con conseguenze negative sulla qualità del nostro sonno.

Il prof. Liborio Parrino dell’Università di Parma, neurologo ed esperto mondiale di medicina del sonno, consiglia di spegnere o silenziare lo smartphone durante le ore notturne, per evitare che l’ansia da notifica spezzetti il sonno.

Il riposo è fatto di buon sonno e di altro. Concedersi ogni giorno una buona pausa ristoratrice aiuta a recuperare le energie fisiche e mentali che servono per affrontare una nuova giornata, ma anche per riprendere a cercare soluzioni a un problema. In questo senso il riposo è l’ingrediente principale per ottenere una buona performance.

Esser vacuo

E gli altri dì non credere che noi riposiamo
– Boccaccio, Decameron

Molti imprenditori sono costantemente presi dal proprio lavoro al punto da pensarci tutti giorni, anche di notte e durante le festività: così facendo trascurano la famiglia, gli amici e le proprie passioni. Alcuni manager sembrano tristi pendoli impazziti che oscillano tra la frustrazione e l’esaltazione. Dulcis in fundo, i lavoratori dipendenti non se la passano meglio in fatto di ansia da lavoro.

E io? Sono lontano dal mio ideale ma ci sto lavorando. E, se per me faccio ancora fatica a staccare la spina, in Endelab pretendo che sia così; e, salvo catastrofi imminenti, alle ore 18 quello che è fatto è fatto e quello che non è fatto è un problema del giorno dopo.

Chi dice che “farsi una doccia e scendere a comprare il regalo per andare a una festa a casa di amici” sia meno importante di “rispettare una scadenza”? Mi rendo conto che la mia affermazione sia opinabile e perciò vi suggerisco di vederla in un altro modo: chiudere alle 18 vuol dire imparare a gestire meglio il proprio tempo.

Darsi una regola per l’orario di chiusura. Alla fine, credetemi, si finisce per essere più produttivi, pragmatici e sul pezzo.

Per le ferie vale la stessa cosa. Concedete e concedetevi di tanto in tanto una giornata extra, meglio ancora se ancorata al weekend: servirà a ricaricare le pile. E non abbiate il braccino corto in estate: una settimana non è sufficiente per recuperare un anno. Per non parlare del fatto che le ferie vanno concordate per tempo, in modo che tutti si possano organizzare.
Ragazzi, questa è la vita, non una prigione!

Se ci pensiamo, in fondo, il riposo di cui parliamo altro non è che una discontinuità rispetto alla routine del lavoro. Una vacanza nel senso puro, etimologico, del termine.

Vacànza deriva dal latino vacàntia, da vacans participio passato di vacàre, esser vacuo, sgombro, libero, senza occupazioni.

Si fa un grande parlare di produttività, ma in molti casi il focus va spostato dalla quantità alla qualità del lavoro. Quale apporto può dare in creatività una persona che viene spremuta come un limone? Tutti abbiamo sperimentato cosa significhi portarsi i problemi di lavoro a casa e perderci il sonno o, peggio ancora, farci su dei sogni che somigliano a incubi.

Impariamo a riposare

Dobbiamo educarci al riposo. Cosa vuol dire riposare? Riposare significa interrompere l’attività nella quale si è impegnati per consentire alla mente e al corpo di rigenerarsi.

Ritagliamo uno spazio in cui tenere il lavoro e impariamo a lasciarlo lì quando è ora di chiudere l’ufficio. L’orario di lavoro open è una maledizione, perché ci impedisce di staccare la spina e di sentirci di liberi.

Anche essere always-on è sbagliato: lasciamo stare gli smartphone almeno a tavola, a letto e quando siamo in buona compagnia.

Se non riposeremo lavoreremo male. A fine giornata, lasciamo tutte le preoccupazioni e i problemi da risolvere dietro la porta chiusa dell’ufficio e torniamo dai fidanzati, dalle mogli e dai figli, telefoniamo agli amici, passeggiamo spensierati. In poche parole: godiamoci il resto della giornata.

Non si vive di solo lavoro, a maggiore ragione se è cattivo.

Come Charlot

Questo è il primo post del mio nuovo blog. Dal momento che fa parte di una rubrica che ho chiamato Tempi Moderni, in onore di un film che ho molto amato, di e con Charlie Chaplin, non poteva che trattare di un tema legato all’economia e al lavoro.

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